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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi 2010-01-14

Via nazionale: senza lavoro oltre al soglia del 10%, 2,6 milioni di "non impiegati"

Bankitalia: "Aumentano i disoccupati, i più colpiti i giovani e gli immigrati"

"I consumi subiranno la riduzione del potere d'acquisto,

redditi nominali in ristagno da 15 anni"

"quest'anno si prevede in Europa un tasso di crescita del Pil moderato"

Trichet: "Eurolandia, la disoccupazione salirà ancora un po' nel corso del 2010"

Il presidente della Bce: "I tassi attuali restano appropriati, l'inflazione procederà sotto controllo"

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Dalessandro Giacomo

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Il Mio Pensiero:

 

 

AVVENIRE

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2010-01-14

 

 

 

CORRIERE della SERA

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2010-01-15

Via nazionale: senza lavoro oltre al soglia del 10%, 2,6 milioni di "non impiegati"

Bankitalia: "Aumentano i disoccupati,

i più colpiti i giovani e gli immigrati"

"I consumi subiranno la riduzione del potere d'acquisto, redditi nominali in ristagno da 15 anni"

Il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi (Eidon)

Il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi (Eidon)

MILANO - Un quadro fosco dell'economia italiana. E' quello tracciato da Bankitalia nel suo ultimo bollettino, quello di gennaio.

DISOCCUPAZIONE - La crisi, secondo Bankitalia, colpisce pesantemente il mercato del lavoro, in cui circa 2,6 milioni di persone sono "non impiegate", tra disoccupati, lavoratori in cassa integrazione (Cig) e "scoraggiati". Per via Nazionale nel secondo trimestre del 2009, "sommando i lavoratori in Cig e gli scoraggiati ai disoccupati, il numero di persone non impiegate, ma potenzialmente impiegabili, nel processo produttivo" raggiunge quota 2,6 milioni circa. E solo nel secondo trimestre 2008, subito prima del crack di Lehman Brothers, questa cifra era pari a 2 milioni. A novembre, spiega Via Nazionale, "il tasso di disoccupazione è salito all’8,3%, 2,4 punti in più rispetto al minimo dell’aprile del 2007". Ma "per valutare compiutamente il grado di utilizzo della forza lavoro disponibile, ai disoccupati vanno aggiunti i lavoratori in cassa integrazione guadagni e le persone scoraggiate, ovvero coloro che non cercano attivamente un impiego e sono quindi esclusi dal conteggio ufficiale dei disoccupati, pur avendo una probabilità di trovarlo analoga a quella di questi ultimi. Stimiamo - sottolineano i ricercatori di Bankitalia - che, in questo concetto ampio, nel secondo trimestre del 2009 la quota di forza lavoro inutilizzata sia risultata superiore al 10% (10,2%), quasi 3 punti percentuali in più del tasso di disoccupazione (7,4%)".

RECESSIONE - Per fortuna l’Italia sta uscendo dalla recessione, ma la ripresa dell’economia nel prossimo biennio sarà debole, con una forte incertezza legata all’andamento della domanda mondiale e alla debolezza del mercato del lavoro, sottolinea ancora Bankitalia, secondo cui il Pil - dopo un drastico calo del 4,8% l’anno scorso - aumenterà dello 0,7% quest’anno e "accelererà" all’1% nel 2011. Previsioni che per il 2010 sono in linea con quelle indicate dal governo a settembre (+0,7%), mentre per il prossimo anno sono più pessimistiche rispetto alle stime dell’esecutivo (+2%).

CONSUMI - La dinamica dei consumi e degli investimenti privati in italia, sempre secondo Bankitalia, è rimasta "fiacca" anche nell'ultimo trimestre del 2009, con il potere d'acquisto vittima di un "ristagno quindicennale". Per via Nazionale: "Al netto della spesa in beni durevoli, per buona parte sostenuto dagli incentivi alla rottamazione dei veicoli più inquinanti, i consumi delle famiglie continuerebbero a subire il freno della forte riduzione del potere d'acquisto". A intaccare il potere d'acquisto delle famiglie - secondo Bankitalia - sarebbe il calo dei redditi nominali, in presenza di un'inflazione "molto contenuta". Una flessione - quella del reddito disponibile reale degli italiani - che "aggrava un ristagno quindicennale, senza riscontro negli altri principali paesi dell'euro".

DEBITO PUBBLICO - Per Bankitalia inoltre nel 2009 la situazione dei conti pubblici "è peggiorata", con un deficit-Pil che nel 2009 dovrebbe essersi attestato a 5,3%. I ricercatori di via Nazionale spiegano che nel 2009 "l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche dovrebbe avere superato il 5%", dal 2,7% dell’anno prima, un aumento però "significativamente inferiore a quello atteso per l’area dell’euro". L’incidenza del debito pubblico sul Pil, invece, crescerebbe di circa 10 punti. "Gli effetti - aggiunge Palazzo Koch - sul disavanzo pubblico del peggioramento del quadro congiunturale sono stati attenuati dalla flessione della spesa per interessi. Gli interventi volti a ridurre i costi sociali della crisi e a sostenere la domanda, complessivamente stimati nell’ordine di un punto percentuale del prodotto, hanno trovato copertura in riduzioni di precedenti stanziamenti e con l’introduzione di imposte sostitutive una tantum".

Redazione online

15 gennaio 2010

 

 

 

 

 

2010-01-14

"quest'anno si prevede in Europa un tasso di crescita del Pil moderato"

Trichet: "Eurolandia, la disoccupazione salirà ancora un po' nel corso del 2010"

Il presidente della Bce: "I tassi attuali restano appropriati, l'inflazione procederà sotto controllo"

FRANCOFORTE (GERMANIA) - Il tasso di disoccupazione nei Sedici paesi di Eurolandia probabilmente "salirà ancora un po'", rallentando i consumi. Lo ha detto il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet.

TASSI - Proprio per questo motivo ha spiegato Trichet i tassi attuali restano "appropriati" con i prezzi "moderati" e con l'attività economica di Eurolandia che "a fine 2009 ha continuato ad espandersi". Secondo la Bce nei prossimi mesi l’inflazione procederà su valori "sotto controllo", ha aggiunto Trichet. "Per il breve termine è attesa attorno all’1% e sul medio termine su valori moderati". "Per il 2010 - ha sottolineato ancora il presidente della Bce - il Consiglio della banca centrale europea si attende un tasso di crescita del Pil moderato, ma con un processo di ripresa diseguale, mentre sulle prospettive permangono incertezze". Secondo la Bce è anche "possibile che la ripresa si riveli più forte delle attese", ha proseguito Trichet. Ma sul versante opposto del bilancio dei rischi sono anche "possibili ricadute negative tra finanze e economia reale, aumenti dei prezzi del petrolio o movimenti disordinati dei mercati legati agli squilibri globali".

Redazione online

14 gennaio 2010

REPUBBLICA

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2010-01-17

I disoccupati ci sono

ma non si vedono

di ILVO DIAMANTI

Esistono problemi visibili e altri invisibili. A prescindere - direbbe Totò - non solo dalla realtà ma anche dalla percezione. La disoccupazione, ad esempio, esiste: nella realtà e nella percezione. Ma parlarne è da irresponsabili e mostrarla anche peggio.

Basta pensare alla reazione del governo di fronte alle stime fornite dalla Banca d'Italia, che considera il tasso di disoccupazione "reale" superiore al 10%: 2.600.000 persone. Un calcolo scorretto e fantasioso, secondo il ministro Sacconi. Perché associa ai disoccupati anche i cassintegrati cronici e i "lavoratori scoraggiati". Quelli, cioè, che rinunciano a cercare occupazione perché ritengono la situazione sfavorevole. Un'operazione scorretta, quella praticata dalla coppia Epifani-Draghi. Entrambi disfattisti e, implicitamente, comunisti. Imprenditori delle fabbriche che producono pessimismo, come li ha definiti il premier Berlusconi. Seminano sfiducia e rischiano, in questo modo, di alimentare una crisi che ormai è alle spalle. Anche se i cittadini non sembrano accorgersene. Afflitti da una "percezione" diversa - e distorta. La disoccupazione, infatti, preoccupa il 37% degli italiani, secondo la recente indagine di Demos per Unipolis sulla (in)sicurezza. Il 2,5% più dell'anno scorso, ma il 7% più di due anni fa. È motivo di angoscia, non solo in Italia, anche nel resto d'Europa. Il 51% dei cittadini della UE (dati Eurobarometro) la indica fra le due principali emergenze da affrontare. E il 40% aggiunge anche la crisi economica. Tuttavia, nel nostro paese, questa percezione è anti-italiana. In contrasto con gli interessi nazionali e con la rappresentazione mediale della realtà.

 

Infatti, se si prendono in considerazione i telegiornali di prima serata delle reti Rai e Mediaset (rapporto dell'Osservatorio di Pavia per Unipolis, dicembre 2009), alla disoccupazione e alle difficoltà economiche delle famiglie, nel periodo fra il 18 ottobre e il 7 novembre 2009, viene dedicato il 7% delle notizie "ansiogene". Quelle, cioè, che raccontano fatti e contesti critici. L'anno prima, nello stesso periodo, lo spazio delle notizie riferite ai problemi economici e dell'occupazione sui telegiornali delle reti pubbliche e private era oltre 4 volte superiore: 27%. Due anni prima, nell'autunno 2007, intorno al 16%. Per cui la disoccupazione c'è, si sente e fa paura. Ma non si deve dire troppo forte. E comunque non si vede. Una analisi condotta dall'Osservatorio di Pavia (per Unipolis) in alcune settimane del 2008-9 sui telegiornali delle reti pubbliche di alcuni paesi europei, sottolinea come il numero delle notizie dedicato dal Tg1 al problema della disoccupazione sia circa un terzo rispetto ad Ard (Germania), un quarto rispetto alla Bbc (Gran Bretagna), un quarto a Tve (Spagna) e, infine, sei volte meno rispetto a France 2. Inutile rammentare il diverso trattamento riservato alla criminalità comune. Di gran lunga l'argomento "ansiogeno" più trattato dalla tivù italiana. In misura nettamente più ampia rispetto al resto d'Europa.

D'altra parte, la criminalità e la violenza spaventano ma piacciono al pubblico, come ha osservato Quentin Tarantino. Uno che se ne intende. Inoltre, esercitano sull'opinione pubblica effetti politici diversi dalla disoccupazione e dalla crisi economica. Penalizzano la sinistra e il centrosinistra, il cui consenso è legato a una idea di sicurezza "sociale" proiettata nel futuro. Mentre oggi la concezione della sicurezza è schiacciata sull'individuo e sulla famiglia, la dimensione sociale si è sbriciolata e del futuro si è perduta traccia. Così i lavoratori e - ancor più - i disoccupati scompaiono. Non solo perché le grandi fabbriche chiudono e le piccole aziende, flessibili e intermittenti, si confondono nel territorio. Anche perché non hanno appeal, presso coloro che scrivono l'agenda dei media. In particolare: nella tivù. Le morti: occupano i palinsesti televisivi se diventano tragedie collettive. Oppure se si tratta di piccoli omicidi, catalogati nella criminalità "comune". Mentre gli incidenti sul lavoro non interessano. Nell'autunno del 2009 in Italia i Tg Rai e Mediaset di prima serata dedicano loro lo 0,2% delle notizie "ansiogene". L'anno prima, sull'onda emotiva sollevata dalla tragedia della ThyssenKrupp, avevano conquistato il 2,6% delle notizie. Cioè, anche allora, quasi nulla.

Da ciò una conclusione, un po' desolata e desolante, ma difficile da contraddire. Gli operai: fanno notizia quando bruciano in tanti e tutti insieme. Le morti quotidiane sul lavoro - 1120 nel 2008 - sono definite eufemisticamente: "bianche". Per cui: poco visibili e dunque poco rilevanti. Perché, al tempo della "democrazia del pubblico", la "rappresentanza" dipende sempre più dalla "rappresentazione".

In altri termini: dalla capacità di "fare notizia", apparire, comunicare. Gli operai non contano, i disoccupati ancor di meno. Figurarsi: sono non-operai. Non-lavoratori. Lavoratori esclusi oppure scoraggiati. Mettono tristezza, a chi li guarda. Suscitano pessimismo. Per cui è meglio non mostrarli. Il reality-show della crisi quotidiana che coinvolge le persone e le famiglie: non interessa agli autori della scena mediatica. A coloro che orientano l'informazione. Così, i lavoratori (disoccupati, scoraggiati, minacciati), per esistere e resistere, invece di rivolgersi al sindacato, salgono sulle gru, si gettano dai ponti, a volte si suicidano. O bloccano ferrovie e autostrade. Aziende. Talora, sequestrano dirigenti e imprenditori. Atti violenti? Reati? Certo. In un paese dove la violenza e i reati vanno in scena quotidianamente - e in primo piano. Sui giornali e nei telegiornali, al centro dei talk-show, al cuore dell'infotainment. Per sfidare l'audience della criminalità comune, bisogna fare cose eccezionali. Parafrasando Humphrey Bogart: "È lo spettacolo bellezza! E tu non ci puoi fare niente. Niente".

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L'UNITA'

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2010-01-15

Pd, Binetti contro Bonino

"Difendo la scelta per il Lazio, mi auguro che la Binetti ci ripensi". Lo afferma Enrico Letta, deputato del Pd, nel corso dell'incontro 'Dalle riforme alla riforma', rispondendo ad una domanda sul sostegno del Pd alla candidatura di Emma Bonino alla presidenza della Regione Lazio e sull'annuncio di abbandonare il partito da parte della deputata cattolica del Pd Paola Binetti qualora l'esponente radicale vincesse.

"La candidatura della Bonino è stata decisa, all'unanimità, dall'assemblea regionale del Lazio espressa dalle primarie. Alla Binetti vorrei per questo ricordare che sta in un partito e non in un'associazione o un club di amici". Lo dice la senatrice del Pd Francesca Marinaro a proposito delle parole della parlamentare del Pd sulla candidatura di Emma Bonino nel Lazio. "I partiti - continua la Marinaro - hanno regole, procedure e organi cui spettano decisioni che, una volta prese, vanno rispettate. Porre, infine, come condizione della propria permanenza nel partito la sconfitta della candidata espressa da esso è, oltre che irrispettoso, autolesionistico".

16 gennaio 2010

 

 

 

 

 

 

 

Fisco, l’Europa svela il bluff di Berlusconi

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

Eventuali tagli alle tasse andranno presi in considerazione "soltanto nel medio termine, una volta che i Paesi dell’Eurozona abbiano ritrovato sufficienti spazi per manovre di bilancio". Nel suo tradizionale messaggio ai mercati il presiedente ella Bce Jean-Claude Trichet disvela il bluff del presidente del consiglio italiano sul fisco. Le indicazioni delle autorità monetarie europee sono chiare: la exit strategy dalla crisi non consente salti nel buio. I conti vanno tenuti sotto controllo, perché la ripresa sia credibile. Lo sanno tutti: responsabili politici ed economisti. Ma l’istinto propagandistico di Silvio Berlusconi sfugge alle regole, e costringe il governo a continui strattoni. "Credo che gli italiani abbiano avuto la percezione netta della colossale marcia indietro che si fa dopoaver agitato in termini propagandistici questi temi", ha dichiarato ieri Pier Luigi Bersani. Il governo usa il fisco come propaganda e la crisi come paravento per rinviare le misure. La realtà richiederebbe invece il contrario. "Bisogna intervenire proprio perché c’è la crisi - prosegue Bersani - e quindi fare qualcosa per favorire i consumi e gli investimenti e pertanto intervenire anche sulla fiscalità. È quello che noi proponiamo da mesi".

ASPETTARE

Insomma, mentre l’economia sprofonda, l’occupazione continua a calare (Trichet ha confermato che l’emorragia di posti continuerà) e i consumi ristagnano, il ministro del Tesoro propone semplicemente di stare fermi. Aspettare che passi la nottata. Via Venti Settembre non ha prodotto altro che il condono per gli evasori: lo scudo. Per il resto, non è stato studiato nessun intervento in favore dei ceti medio-bassi, i più colpiti dalla crisi. L’argomento è sempre lo stesso: mantenere il rigore nei conti. Ma a ben guardare alla fine non c’è neanche quello: la spesa è fuori controllo, il Pil scende, le entrate calano. Némisure anticrisi, né conti in ordine.Unbilancio fallimentare quello del ministro Giulio Tremonti. Il quale manovra meglio la propaganda, i messaggi altisonanti della "Grande Riforma Fiscale ", che non le voci del bilancio pubblico. E abilmente gioca su due tavoli.Conunamanolascia presagire novità imminenti, rispolverando la sua riforma del ‘94, con l’altramano frena il premier, preoccupato dalle reazioni internazionali. ieri è stato sostenuto anche a sorpresa dal suo antagonista Renato Brunetta, che ha ribadito la formula, meglio aspettare la fine della crisi.

SILURI

Stavolta però anche il popolo della destra non ci sta. Il "contratto con gli italiani" (è sempre lo stesso: quello firmato da Bruno Vespa) va rispettato. Così ieri sono partiti i siluri dalle "corazzate" mediatiche: Libero e Il Giornale. Il foglio diretto da Vittorio Feltri, titola "Il pasticcio delle tasse", chiedendosi il perché dell’annuncio, se poi si è stati obbligati a fare marcia indietro. "Caro Silvio non ci stiamo" , titola invece "Libero". "Berlusconi dice che le tasse non si possono abbassare. Questa volta pensiamo che sbagli", scrive il direttore, Maurizio Belpietro. Una bella fatica per i parlamentari di centrodestra (maurizio Lupi in testa), impegnati a negare la marcia indietro del premier. Per non parlare del coro di proteste e i sindacati, che da mesi chiedono di alleggerire il prelievo su lavoratori dipendenti e pensionati. Per tutta risposta dal governo hanno avuto soltanto la "pubblicità ingannevole" (così Piero Fassino) delle due aliquote.

15 gennaio 2010

 

 

 

 

 

"Meno tasse", era una farsa Il premier: impossibile

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

Con questa crisi la riduzione delle imposte "è fuori discussione". In tre parole Silvio Berlusconi piazza una pietra tombale sulla sua promessa più celebrata: meno tasse per tutti. Dietrofront nel giro di pochi giorni. È la seconda volta che il premier è costretto a una rapida retromarcia proprio sul tema fiscale. Già prima della Finanziaria aveva promesso meno Irap agli artigiani della Cna. Nulla di fatto. Stavolta aveva "ripescato" le due aliquote (23 e 33%) rincorse da 15 anni. E subito la smentita, arrivata al termine del consiglio dei ministri di ieri. Impossibile anche introdurre il quoziente familiare (altra promessa elettorale), per via delle condizioni del bilancio pubblico. Nessuno sgravio: semmai il governo pensa a una semplificazione: ma anche quella non si prospetta imminente. "Sarà un lavoro lungo e duro, improbo - spiega il premier - Spero possa essere sufficienteunanno". Finito il tempo delle promesse-facili. Il nuovo corso Tremontiano è improntato al rigore, e il premier sembra adeguarsi. Certo, ogni tanto il riflesso condizionato del sogno fiscale (liberi dalle tasse) torna prepotente: tiene banco sui giornali per qualche tempo, ma poi arriva la rettifica. Senza una vera manovra è impossibile avviare una vera riduzione fiscale. Per un governo che finora non è andato oltre l’ennesima sanatoria, è difficile impostare una riduzione strutturale.

CROLLO DELLE ENTRATE

Ma stavolta la marcia indietro è stata davvero repentina: questione di un centinaio di ore. Come mai? Forse c’entra qualcosa un altro dato che in mattinata è piombato sul bilancio tenuto da Tremonti: il calo delle entrate nei primi 11 mesi del 2009. Dato sensibile, anche sui mercati internazionali. Gli stessi che giudicano il debito del paese tra i più indebitati in Europa. Mancano all’appello circa 14 miliardi di Ires e Irap, le imposte pagate dalle imprese. Via Venti Settembre attribuisce soprattutto alla crisi la perdita di gettito, pari quasi al 4%. Banca d’Italia valuta in 11 miliardi la perdita complessiva del gettito nello stesso periodo. Numeri pesanti, che si aggiungono agli 8 miliardi di maggiori costi per finanziare il deficit (dato fornito dal premier) e ai 30 miliardi in più di spesa corrente. Sulle minori entrate l’opposizione punta il dito contro la (mancata)lotta all’evasione, soprattutto sull’Iva. Il ministro invece minimizza, e sforna un altro dato (tasso di variazione cumulato) per dimostrare che l’Italia sta meglio di altri Paesi. Sta di fatto che in Parlamento non è arrivata finora nessuna documentazione ufficiale sui flussi finanziari dello Stato. Tremonti preferisce il salotto di Bruno Vespa per diffondere i "suoi" numeri, e propagandare un rigore che tutte le cifre a disposizione smentiscono.

NO FISCO, SÌ GIUSTIZIA

Lo ha fatto anche ieri, quasi all’unisono con il premier. Un altro "duetto " che vede il titolare del Tesoro come l’interlocutore privilegiato di Berlusconi. Tanto che nel salotto televisivo, dopo aver annunciato gli sviluppi del "fisco futuribile", parla della riforma più urgente: quella della Giustizia (manco a dirlo). Quanto al fisco, anche per Tremonti è tutto in retromarcia. L’Irap? Ovvero la tassa più odiata, su cui la destra ha "investito" parecchie campagne elettorali? "Hasostituito altri contributi. Non so se è stata una scelta intelligente, ma adesso tornare indietro è difficile", replica il ministro. Non si può fare. L’irpef neanche a parlarne. L’iva è di competenza europea. Insomma, l’unica pedina che resta è la semplificazione. Partirà da L’Aquila (che c’entra?) il processo per ridurre i "140 modi per prelevare e dedurre". Ancora numeri roboanti e parole da slogan. "Dobbiamo porci la sfida di un grande cambiamento del sistema fiscale. Adesso non è né efficace né giusto, dobbiamo averlo giusto ed efficace".

14 gennaio 2010

il SOLE 24 ORE

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2010-01-14

Disoccupazione negli Usa calerà dopo il 2012

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14 gennaio 2010

"Dai nostri archivi"

Ottobre difficile per il lavoro: la disoccupazione sale all'8,2%

La disoccupazione Usa scende (di poco)

Usa, tasso di disoccupazione balza al 6,1 0x0p+0d agosto

Usa, disoccupazione ai massimi dal 2004, ma meglio del previsto

Cala al 4,9 0l tasso di disoccupazione  -sos-a dicembre

Il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti, attualmente al 10%, difficilmente calerà sotto l'8% prima del 2012 a meno che il Congresso non adotti misure supplementari per sostenere l'economia nel breve periodo. E' quanto emerge dalle stime del Congressional Budget Office, che potrebbero mettere sotto pressione la maggioranza democratica alla Camera e al Senato in vista delle elezioni di meta' mandato di novembre (lo scorso dicembre la Camera aveva approvato un pacchetto a sostegno del mercato del lavoro da 155 miliardi di dollari e il Senato dovrebbe esprimersi nelle prossime settimane). Il tasso di disoccupazione, che si attestava al 4,9% prima che la recessione cominciasse nel dicembre 2007, dovrebbe rimanere alto anche se il Paese sta gradualmente uscendo dalla crisi peggiore dagli anni Trenta.

14 gennaio 2010

 

 

L'OSSERVATORE ROMANO

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2010-01-04

IL MATTINO

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La GAZZETTA dello SPORT

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SORRISI e CANZONI

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WIKIPEDIA

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GENTE VIAGGI

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2010-01-02

EL PAIS

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LE MONDE

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THE NEW YORK TIMES

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THE WALL STREET JOURNAL

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